Esplorare le Emozioni attraverso la Fotografia

 Ho sviluppato la passione per la fotografia tardi. Sì, tardi per quelli che dicono che le passioni si sviluppano da piccoli, o tardi per quelli a cui è stata regalata una macchina fotografica all'età di quattordici anni, magari per un'occasione importante.

Per me invece era semplicemente il momento giusto. Era il momento in cui avevo bisogno di altri stimoli creativi. Era il momento in cui volevo scoprire la bellezza delle persone, dei volti. In cui ho incominciato ad interessarmi ai dettagli e capire che contano anche le piccole cose. 

Quando ho iniziato a fotografare non sapevo assolutamente nulla di fotografia, di luce, di esposizione e di tutte quelle tecniche che stanno dietro ai fotografi professionisti. Avevo la mia macchina nuova e questo mi bastava. La portavo ovunque nelle occasioni importanti, nonostante il peso che aveva, sempre al collo, sempre pronta a scattare. 

Il primo viaggio lo fece a Vienna e Budapest in quinta superiore. Ero talmente ossessionata dal mio giocattolo e dall'idea di poter avere dei bei ricordi di quella gita che avevo sempre l'obiettivo puntato. E anche i miei compagni erano ossessionati dalle mie fotografie, non dalla bellezza in sé, ma per la qualità d'immagine che qualche anno fa i telefoni non avevano ancora. 

E più loro volevano farsi fotografare, più io ero entusiasta di catturare i loro volti, le loro espressioni, i momenti più genuini e quella spensieratezza e libertà che quella gita ci aveva concesso prima dei temuti esami di maturità. 

Lo stesso accadde poi con il passare degli anni. La mia amata macchina fotografica mi ha accompagnato molto spesso in gite e uscite, soprattutto nei miei anni come educatrice all'oratorio. Ogni scatto mostrava momenti reali, bloccati nella loro purezza e bellezza, nella loro vitalità e spontaneità. Volti sereni e felici in momenti di momenti sereni e felici. 

Iniziarono anche i primi scatti in posa, di quelli che le tue amiche ti chiedono per avere una foto carina da postare su Instagram. Di quelli in cui si copiano pose da Pinterest che inevitabilmente non escono mai come vorresti. 

E quasi inevitabilmente di me non c'era neanche un ritratto. Ero io quella con la macchina fotografica, ero io che volevo sperimentare ed ero sempre che a sentirmi a disagio davanti all'obiettivo. In realtà ogni volta che qualcuno provava a farmi delle fotografie apparivano tutti quei difetti che avevo sempre odiato. E più mi si cercava di convincere del contrario, più ai miei occhi i miei difetti erano evidenti. Non solo odiavo le foto in posa, odiavo anche quelle foto fatte in momenti casuali. Ci sono anni della mia adolescenza / post adolescenza in cui ci sono pochissime foto di me. I social erano già virali e io non foto di me da postare. Erano per lo più selfie. Mentre la maggior parte delle ragazze della mia età riempiva Instagram con immagini di loro stesse, a me stare davanti l'obiettivo faceva paura. 

Poi arrivò il 2020. Quell'anno infernale che ci ha chiuso tutti in casa. Io mi sentivo perduta. Le mie abitudini (come quelle di tutti) erano cambiate radicalmente così come il mio corpo, che era ingrassato e che odiavo come mai prima di allora. Avevo bisogno di nuovi stimoli per passare il tempo, ma più che altro avevo bisogno di riappropriarmi del mio corpo, convincermi di valere ancora come persona nonostante quei chili presi. Volevo sentirmi bella. O almeno provarci. 

Inoltre, come se fosse destino, i primi video che avevo visto su Tik Tok in quel periodo erano proprio di ragazzi molto giovani che avevano iniziato a coltivare la loro passione per la fotografia, trasformandola poi nella loro professione, video che raccontavano anche dei piccoli tips per posare e venire meglio negli scatti. In uno di quei video si diceva che siamo tutti fotogenici, perché la fotogenia è la capacità del fotografo di catturare la bellezza di una persona. 

Così in un pomeriggio di follia, non ricordo neanche che mese fosse o quale fosse stato il momento preciso in cui decisi di prendere la mia macchina fotografica chiusa nell'armadio, il cavalletto, iniziai a scattarmi dei ritratti. Con una luce pessima e l'autoscatto automatico come i peggiori degli inesperti. 

Ma in quel momento realizzai che mi piaceva come il mio volto appariva dentro quegli scatti. Che alla fine non era pure così male e riguardando quelle foto cominciai a vedere il mio volto in modo diverso, più bello, meno tondo di come lo vedevo sempre allo specchio, con dei dettagli interessanti che mi facevano apparire persino carina ai miei occhi. Inconsapevolmente, però, ero riuscita anche a catturare qualcosa di inaspettato: il mio stato d'animo. Dentro quegli scatti si potevano vedere chiaramente gli occhi spenti e lo sguardo di chi soffre in silenzio. Ancora una volta oltre alla bellezza ero riuscita a intrappolare in uno scatto un momento, che però non era più un momento di felicità effimero della gita, era un momento di vita. Con uno sguardo avevo fermato quel dolore che stato vivendo. Ed era una cosa così pura.

Avevo scoperto (o riscoperto) il potenziale della fotografia, come atto artistico per rappresentare un concetto o semplicemente per riprendere fiducia nel mio corpo e nel mio volto ogni volta che cominciava a deformarsi davanti ai miei occhi. Ho iniziato studiare un po' di più quell'oggetto magico, sia a livello più teorico che pratico, iniziando a posare più spesso per me stessa e allo stesso tempo mi nutrivo di consigli su come migliorare come soggetto fotografico. 

La cosa pazzesca, però, non è solamente avere delle foto carine da postare, ma la consapevolezza e lo sguardo su di me. Che è uno sguardo che ha imparato ad accettare il proprio corpo e in qualche modo a capirne il potenziale. Oltre al divertimento. Perché sì, posare è divertente, è un gioco a tutti gli effetti in cui io posso sistemarmi come voglio e posso essere chi voglio. E l'autoscatto mi permette di continuare all'infinito, provare e riprovare senza pregiudizi.

Quello che vorrei continuare a perseguire, sicuramente è lo studio tecnico. Sono consapevole di avere ancora tantissime lacune tecniche, ma imparare da autodidatta è molto più complesso e serve anche tanto pratica e tanto tempo, cose che al momento io non ho. Ma non ho neanche la presunzione di definirmi una fotografa o far passare i miei ritratti come tecnicamente perfetti o belli. Io li adoro perché raccontano la mia storia, le mie fragilità, il mio essere sia fisicamente sia come persona. 

Mi piacerebbe esplorare molto più ciò che la fotografia può offrirmi anche a livello di rappresentazione di temi e concetti. Esplorare anche in termini di luce e poter giocare con i colori. So che la strada è ancora molto lunga per me, prima di potermi definire almeno capace di fotografare. Per non parlare di tutta la parte grafica e di editing, che al momento è totalmente fuori dalla mia portata.

Non so se questa mia nuova passione sarà qualcosa che mi porterò in futuro. Non so se mi potrò mai considerare una fotografa e se mai avrò le competenze tecniche e artistiche. Ma di una cosa sono certa: se questo strumento è stato messo sulla mia strada e se questa mia passione è sbocciata in questo momento che era quello giusto per me, devo riuscire a raccogliere questa occasione e anche con i miei piccoli strumenti trasformarla in qualcosa di bello, qualcosa che esprima bellezza e che per me profumi di arte.

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